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Italiani bocciati senza appello all'esame di cultura finanziaria

di Ilaria Verunelli

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7 APRILE 2010
Italiani bocciati senza appello all'esame di cultura finanziaria

Due indagini della Cattolica e di Patti chiari mettono in luce il bassissimo livello di conoscenza dei risparmiatori italiani che, secondo i ricercatori dell'università milanese, pone grossi porbilemi alle banche


Volete investire in Borsa: acquistate due titoli della stessa azienda, due titoli di un'altra o un titolo di ciascuna? La domanda è stata posta da un'equipe di economisti e psicologi ad un campione, composto da 304 individui (136 del Nord, 72 del Centro e 96 del Sud) e bilanciato per genere, nel corso di un'indagine condotta per l'Osservatorio monetario dell'Università Cattolica di Milano. I titoli erano stati disegnati in modo da avere lo stesso rendimento atteso, ma da originare rendimenti negativamente correlati. La domanda era volta ad accertare la conoscenza del principio di diversificazione del rischio da parte degli intervistati. Ebbene, spiegano i ricercatori, «circa un quarto degli intervistati (con piccole differenze territoriali) non è pronto a cogliere la necessità e l'opportunità di differenziare».
Con un'altra domanda, finalizzata anch'essa a individuare il livello di conoscenza dei mercati finanziari da parte degli intervistati, i ricercatori chiedevano «di spiegare le ragioni della differenza dei tassi di rendimento fra titoli di Stato emessi da Stati diversi nella stessa valuta». La risposta che ci si attendeva era che i titoli a più alto rendimento sono i più rischiosi. Solo il 36% del campione, però, ha risposto in questo modo (il 24% citando esplicitamente il rischio, il 12% facendo riferimento alla solidità dello Stato emittente); «la risposta di gran lunga più frequente - si legge nella ricerca - è stato un onesto: "Non lo so" (40%)». La situazione migliora, seppure leggermente, in rapporto al livello di istruzione: su dieci intervistati con titolo di studio basso, la metà non ha nemmeno provato a rispondere, altri tre hanno dato una risposta sbagliata e solo due hanno risposto correttamente, mentre su dieci soggetti con un titolo di studio alto (dalla laurea in su) quattro hanno dato una risposta corretta, due una sbagliata e quattro non hanno risposto.
Quello che emerge dall'indagine campionaria – annotano i ricercatori – «è che la cultura finanziaria è nel nostro paese molto scarsa. Questo pone dei problemi operativi consistenti per le banche e accolla loro dei rischi elevati. Se infatti un soggetto investe in titoli simili ai tango bonds, nel nostro paese non può essere dato per scontato che questi fosse consapevole che ad alti tassi di rendimento devono corrispondere alti rischi».

L'indagine di Patti Chiari - Ambrosetti
Ad analoghe conclusioni arriva una ricerca realizzata dal Consorzio Patti Chiari in collaborazione con The European House-Ambrosetti che ha misurato il livello di cultura finanziaria degli italiani attraverso l'elaborazione di un apposito indicatore sintetico, l'ICF Patti Chiari. Da un sondaggio realizzato ad ottobre del 2008 su un campione di 1000 famiglie (2.100 individui), rappresentativo della popolazione italiana, è emerso che l'indicatore del livello medio di cultura finanziaria degli italiani è pari a 3,5 su una scala che va da 0 (totale assenza di qualsiasi concetto o idea correlata al mondo finanziario) a 10 (conoscenza ottimale di nozioni, termini e concetti finanziari di base). Un valore decisamente insufficiente, con alcune disparità a livello geografico: il Nord Est è caratterizzato dal più alto livello di cultura finanziaria in Italia (4,1, cioè 0,6 punti al di sopra della media nazionale), mentre le regioni del Mezzogiorno ottengono il punteggio più basso (3,1 per le Isole e 2,9 per il Sud). Analizzando l'indice da un punto di vista anagrafico, emerge inoltre che la cultura finanziaria cresce con l'età: gli individui di età compresa tra i 55 e i 64 anni ottengono mediamente un migliore punteggio, mentre chi ha tra i 18 e i 24 anni si colloca al livello più basso. E, se chi è laureato ha un livello di cultura finanziaria quasi doppio rispetto a chi non ha alcun titolo di studio o ha solo la licenza elementare, i corsi di formazione non universitari e l'esperienza sul campo forniscono un importante valore aggiunto.
Dall'indagine emergono poi significative lacune in termini di preparazione e istruzione finanziaria (uno dei tre elementi che compongono l'Icf): 8 italiani su 10 ignorano gli effetti di un incremento dei tassi di mercato sui propri risparmi e quattro su dieci non sono in grado di effettuare operazioni finanziarie elementari. Quasi un italiano su due, inoltre, non possiede le conoscenze finanziarie minime di base relativamente agli strumenti finanziari, trovando difficoltà nel valutare il profilo di rischio dei due strumenti più conosciuti e diffusi nei mercati finanziari: titoli di Stato e azioni. Quanto poi alle scelte comportamentali, cioè alla capacità degli individui di gestire e allocare i propri risparmi, pianificando il proprio futuro a breve e lungo termine, fortemente critico risulta l'atteggiamento di monitoraggio: quattro italiani su dieci, per esempio, non controllano mai l'andamento dei propri investimenti e del proprio conto corrente, mentre due su dieci si limitano semplicemente ad aspettare che arrivi l'estratto conto.
Proprio il tema dell'educazione finanziaria sarà al centro del "Salone della gestione del risparmio" (21, 22, 23 aprile), dove gli operatori discuteranno sulle prospettive del settore, anche attraverso iniziative dedicate alle famiglie, ai risparmiatori e agli studenti.

7 APRILE 2010
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